La validazione dei metodi alternativi

Benvenuti al quarto episodio di In Vitro Focus, una serie di approfondimenti redatti dal nostro staff tecnico per portarvi al centro del mondo del cruelty-free testing.

Insieme scopriremo tutte le migliori pratiche, ultime novità e i principali attori di questo mondo in provetta.

In questo numero spiegheremo che cos’è il processo di validazione dei metodi alternativi, a cosa serve, quali sono i suoi principi base, le sue principali fasi e i principali organismi coinvolti.

La normativa vigente

L’articolo 48 e l’allegato VII della Direttiva n. 2010/63/UE prevede che i ricercatori possano utilizzare metodi di sperimentazione alternativi, purché siano preventivamente approvati dalla legislazione europea attraverso un preciso iter di validazione, nel quale concorrono soggetti diversi.

Il metodo alternativo deve essere sicuro; questo significa che i suoi risultati devono essere attendibili almeno quanto quelli del sistema di riferimento, che rimane la sperimentazione nell’animale.

La necessità di un processo di validazione

L’attendibilità della sperimentazione animale si aggira intono all’85-90%.
Ciò significa che, su dieci esperimenti eseguiti con animali, nove daranno risultati attendibili.

Questo è un livello di attendibilità molto alto in medicina, dove si deve tener conto del fatto che gli organismi viventi non sono mai perfettamente uguali tra loro.

Proprio per via di questa variabilità, che impedisce di raggiungere un risultato sempre certo al 100%, i metodi alternativi forniscono risultati meno attendibili perché non esiste modello artificiale capace di simulare tutte le complessità di un organismo vivente.

E infatti, benché diversi modelli alternativi siano stati pubblicati su riviste scientifiche, sono pochi quelli che hanno passato l’esame di validazione, cioè sono stati effettivamente autorizzati nella pratica.

Scopo e criteri

In cosa consiste dunque la validazione dei test alternativi?

Lo scopo del processo di validazione è quello di verificare prestazioni, utilità e limitazioni di un saggio quando questo viene utilizzato in ambito regolatorio come supporto all’identificazione e alla valutazione del rischio.

La validazione è la “strada” obbligatoria attraverso cui devono passare tutti i metodi alternativi prima di iniziare l’iter verso l’accettazione nelle legislazioni nazionali e internazionali.

La validazione è quindi il processo attraverso cui si verifica che il test in esame sia affidabile, ovvero che dia risultati “riproducibili” a prescindere dal laboratorio, il momento d’esecuzione del test e le diverse condizioni di contorno, sia rilevante e pertinente, ovvero sia significativo e utile per il fine prefissato, e sia efficace, cioè sia davvero predittivo, in grado di distinguere le sostanze pericolose da quelle innocue.

I principi base

I principi di base della validazione e le relative procedure sono stati definiti da diversi organismi internazionali come l’ECVAM (European Centre for the Validation of Alternative Methods), ICCVAM (Interagency Coordinating Committee on the Validation of Alternative Methods) e OECD (Organisation for Economic Co-operation and Development); questi principi hanno validità generale per tutti i metodi in vivo, in vitro e in silico, nuovi o aggiornati, utilizzati per la valutazione del rischio per la salute umana e/o l’ambiente.

Tra questi principi, alcuni dei più importanti sono:

  • il razionale del metodo, la sua necessità scientifica e lo scopo regolatorio che si vuole ottenere devono essere ben chiari;

  • la relazione tra il parametro saggiato, l’effetto biologico e la rilevanza tossicologica devono essere specificati;

  • deve essere formalizzato e reso disponibile un dettagliato protocollo sperimentale del metodo (Standard Operating Procedure SOP);

  • la variabilità, ripetitività e trasferibilità del metodo tra e intra laboratorio devono essere dimostrate utilizzando un significativo numero di sostanze chimiche, possibilmente codificate, rappresentative del tipo di sostanze per cui il metodo verrà utilizzato;

  • le prestazioni del metodo devono essere valutate sulla base dei dati esistenti e in relazione all’organo bersaglio;

  • i dati e gli esperimenti devono essere ottenuti/condotti secondo i principi di buona pratica di laboratorio “GLP” (Good Laboratory Practice).

La formalizzazione del processo di validazione si è sviluppata contestualmente con il concetto di metodo alternativo e con la necessità della sua accettazione regolatoria

Le fasi

Il processo di validazione è piuttosto lungo e rigido; infatti possono intercorrere fino a dieci anni per il completamento delle 5 principali fasi che lo compongono.

Queste fasi sono state elaborate e più volte modificate in seguito all’esperienza acquisita.

Le fasi dell’iter di convalida sono:

  1. Sviluppo del saggio, cioè di un sistema sperimentale in grado di generare informazioni relative agli effetti avversi di una sostanza chimica. I dati prodotti devono essere utilizzabili per la valutazione del rischio ed essere almeno, ma preferibilmente migliori, di quelli ottenuti con i metodi esistenti in modo da consentire un migliore livello di protezione per l’uomo e l’ambiente;

  2. Prevalidazione mirata alla verifica della trasferibilità del metodo e all’ottimizzazione del suo protocollo; è uno studio su scala ridotta che coinvolge vari laboratori e serve a valutare se il protocollo di un metodo è ottimizzato e standardizzato al punto da poter essere valutato per una validazione formale;

  3. Validazione formale coinvolgente più laboratori per valutare la riproducibilità e la rilevanza di un metodo ottimizzato. La performance del test viene valutata usando sostanze codificate. I laboratori che partecipano allo studio di validazione fanno parte della rete EU-NETVAL e devono rispondere a dei requisiti minimi di esperienza per lo specifico saggio, competenza del personale, disponibilità strumentale, controlli di qualità degli iter procedurali, per l’archiviazione delle informazioni e il benessere degli animali (se il loro impiego è necessario).

    I parametri oggetto di valutazione sono la riproducibilità quantitativa e qualitativa e la capacità predittiva del test;

  4. Valutazione di esperti indipendenti (peer review scientifica) non direttamente coinvolti nelle precedenti fasi di sviluppo e validazione del metodo. In questa fase viene coinvolto l’ESAC (ECVAM Scientific Advisory Commitee) composto da esperti provenienti da tutti gli stati membri della UE.

    ECVAM non è però il solo ente abilitato a dare il via libera all’inserimento in normativa di un Metodo Alternativo; ad esempio l’OECD ha definito in un suo documento i criteri per la validazione e l’accettazione regolatoria;

  5. Avvio delle procedure per l’accettazione regolatoria, in particolare per il loro inserimento nelle Direttive Europee e/o nelle linee guida OECD o, nel caso di metodi per la valutazione dei prodotti biologici, nella Farmacopea Europea, con la stesura di una raccomandazione sulla validità del metodo da parte di EURL ECVAM.

    La prima stesura viene sottoposta a commenti da una rete specializzata di PARERE (rete di autorità di regolamentazione della Unione UE)/ ESTAF (rete di stakeholder di industria, animalisti, centri di ricerca e  università)/ ICATM (Partner internazionali di cui fanno parte EU, USA, Giappone, Canada, Repubblica di Corea).

    Dopo la consultazione delle parti interessate, che operano in maniera indipendente, tale raccomandazione finale è sottoposta a implementazione e  stesura per diventare linea guida EU e linea guida, accettata a livello mondiale, dell’Organizzazione per la Cooperazione Economica e lo Sviluppo (OECD – Organization for Economic Cooperation an Development).

I principali organismi

L’organismo deputato alla validazione dei metodi alternativi è il EURL-ECVAM, Centro di riferimento dell’Unione Europea per i Metodi Alternativi alla sperimentazione animale, ospitato presso il Joint Research Centre, Institute for Health and Consumer Protection (IHCP) che si trova in Italia, a Ispra, in provincia di Varese, con un organico di circa 60 scienziati.

EURL-ECVAM ha il compito di coordinare EU-NETVAL (European Union Network of Laboratories for the Validation of Alternative Methods), la rete di laboratori europei altamente qualificati per la messa a punto, convalida e revisione dei metodi alternativi.

Tutti gli Stati membri assistono la Commissione nell’individuare e designare laboratori specializzati e qualificati, idonei alla realizzazione degli studi di convalida dei metodi alternativi, interessati ad entrare nel NETVAL.

Ciascun Paese membro ha inoltre l’obbligo di individuare “Punti di contatto nazionali” (“single points of contact”) che hanno il compito di coordinare gruppi di lavoro a livello nazionale e raccordare il loro operato con il Ministero della Salute e EURL-ECVAM, al fine di agevolare i contatti tra le parti, migliorando i tempi di validazione dei metodi alternativi.

Ad esempio, in Italia, il Ministero della Salute ha nominato come punto di contatto il Centro di Referenza Nazionale per i Metodi Alternativi, Benessere e Cura degli Animali da Laboratorio, con sede presso l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna (IZSLER).

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