I test alternativi alla sperimentazione animale

Benvenuti al secondo episodio di In Vitro Focus, una serie di approfondimenti redatti dal nostro staff tecnico per portarvi al centro del mondo del cruelty-free testing.
Insieme scopriremo tutte le migliori pratiche, ultime novità e i principali attori di questo mondo in provetta.

L'influsso delle 3 R

Nel numero precedente abbiamo visto che con il concetto di Refinement si intende il miglioramento delle tecniche sperimentali, compiute pur sempre su animali, in modo da ridurre la loro sofferenza; con Reduction si intende la riduzione del numero di animali usati, o l’aumento di informazioni ottenute con lo stesso numero di animali; con Replacement si intende la sostituzione dell’animale con l’utilizzo di metodi alternativi.

Di queste, solo l’ultima R ha davvero l’obiettivo di opporsi all’uso di animali: da un punto di vista scientifico non ha alcun senso continuare a sperimentare sugli animali, cambiando solo il numero di animali, o la specie, e le modalità dell’esperimento.

Tuttavia, per definire un metodo come alternativo, ad oggi continua a valere il concetto delle 3 R e quindi i vari metodi “alternativi” oggi utilizzati e “validati”, cioè accettati dalle normative internazionali, sono di tutti e tre i tipi, non sono del tipo Replacement.

Il veto ai test su animali e il Regolamento REACH

I test alternativi nascono con l’affacciarsi di due scenari legislativi apparentemente opposti.

Da un lato il 7° Emendamento della Direttiva sui Cosmetici (2003/15/CE) con il suo veto ai test su animali per i prodotti cosmetici e per le sostanze usate nei prodotti cosmetici, dall’altro l’entrata in vigore del Regolamento REACH (Registration, Evalutation and Authorisazion of Chemicals), Regolamento CE n.1907/2006, che disciplina la produzione, l’uso e l’importazione delle sostanze chimiche in ambito comunitario, con l’obbligo di presentazione di dossier tossicologici completi per oltre 30.000 sostanze chimiche.

Per ottemperare ai nuovi requisiti REACH con metodi tradizionali i tempi e costi sarebbero stati elevatissimi, questo ha fatto emergere l’importanza della ricerca di metodi alternativi che permettessero una riduzione di costi e numero di animali utilizzati.

Tutte le diverse tipologie di test alternativi

Ecco tutti i metodi alternativi al modello animale attualmente in uso:

  1. I modelli in vitro che si basano su sperimentazioni condotte su organi, tessuti, cellule o sistemi biochimici isolati.

    Tali modelli utilizzano colture in vitro di cellule, ovviamente meglio se umane, per ottenere risultati validi per gli umani, oppure “tessuti ricostruiti” (come i nostri Corrositex e Ocular Irritection), vale a dire sistemi tridimensionali sia di tipo tradizionale che in “dinamico”, in cui celle specializzate di varie parti del corpo umano vengono riprodotte con la finalità di poter ottenere tessuti utilizzabili in indagini tossicologiche rappresentativi di organi bersaglio.

  2. Infatti i tessuti umani “ricostituiti” in vitro, a partire dai singoli tipi cellulari, mirano a riprodurre l’architettura originaria del tessuto in vivo.
    Grazie ai recenti sviluppi delle tecniche di stampa 3D, è possibile la ricostituzione di diversi tessuti umani con un livello di precisione elevato.

    Esempi di tessuti ricostituiti in 3D sono l’epidermide, l’epitelio corneale, orale e gengivale, l’epitelio vaginale e delle vie respiratorie.

  3. Studi su tessuti e organi umani donati alla ricerca o “da cadavere” o “da operazione chirurgica”. I materiali che possono essere resi disponibili sono vari: sangue, placenta, cordone ombelicale, tessuti asportati durante operazioni chirurgiche (pelle, viscere, ossa, cartilagini) o da biopsie.

  4. Uso di microorganismi per provare il danno genetico causato da sostanze chimiche o radiazioni. Ad esempio, il test di Ames, basato su microorganismi, è un test di mutagenicità, cioè può identificare le sostanze chimiche che danneggiano il DNA delle cellule.

  5. Uso di cellule staminali pluripotenti indotte (iPSCs); sono cellule “immature” in grado di differenziarsi nei diversi tipi cellulari che compongono l’organismo.

    Oggi le iPSCs possono essere ricavate direttamente a partire dalle cellule dell’uomo, ad esempio quelle del derma della pelle, e differenziate in una grande quantità di tipi cellulari del corpo umano senza dover ricorrere agli embrioni.

  6. Studi su volontari umani.

  7. Modelli teorici matematici computerizzati che si basano sulla relazione quantitativa struttura-attività (QSAR, detto approccio in silico).

    Sono modelli in grado di prevedere i possibili effetti di una sostanza sull’organismo confrontandola con sostanze strutturalmente simili di cui già si conoscono gli effetti.

  8. L’utilizzo, per valutare le proprietà di composti che presentano similitudini dal punto di vista della struttura chimica, di informazioni provenienti dai dati di prova sugli analoghi mediante il metodo del “read-across” o, per un gruppo di sostanze, utilizzando l’approccio per “categoria”. Tali previsioni devono essere presentate informazioni sufficienti e giustificazioni adeguate.


  9. Tecniche non-invasive per immagini.

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